Immagine di Avalokiteshvara il
Buddha della Compassione
Il Mettā Bhāvanā è una forma di meditazione comune nel
Buddhismo,soprattutto della scuola buddhista Theravada. La parola Mettā è una
parola Pali che significa amore-gentilezza non condizionate. Questo tipo di
meditazione è praticata con la consapevolezza (la coscienza) del respiro, che
dà concentrazione, con lo scopo di prevenire la perdita della compassione.La
meditazione mettā bhāvanā significa coltivazione del mettā.
L'oggetto della meditazione mettā è sviluppare
benevolenza e compassione verso tutti gli esseri senzienti. I sei passi del
mettā bhāvanā sono coltivare amore e benevolenza verso:
1-Se stessi
2-Un buon amico
3-Una persona neutrale
4-Una persona difficile
5-Tutti quattro i precedenti
6-Gradualmente, l'intero universo
La pratica, come
viene insegnata nel Buddhismo Theravada, solitamente inizia con la coltivazione
della compassione e dell'amore per se stessi, poi per le persone amate, gli
amici, maestri, stranieri ed infine per i nemici. E’un buon metodo per calmare
la mente, oltre che un "antidoto" all'ira. Chi sviluppa il
mettā difficilmente sarà turbabile e potrà sopprimere la rabbia sul nascere.
Tali persone saranno più attente verso gli altri, più disposte a voler bene ed
amare, e più inclini ad amare incondizionatamente.( (Kamalashila 1996,
p.25-26).
I Buddhisti credono
che le persone che hanno molto mettā saranno più felici poiché non vedranno
motivi per volere il male di qualcuno. I maestri buddhisti possono raccomandare
la meditazione sul mettā come antidoto all'insonnia e agli incubi. È
comunemente sentito che coloro i quali sono intorno ad una persona che ha
sviluppato il mettā si sentono a loro agio e più felici. L'emanazione del mettā
contribuisce ad un mondo pacifico, d'amore e felicità.
Nel Buddhismo, la
compassione è il vissuto del desiderio del bene nei confronti di ogni essere senziente. Esso viene indicato con i due termini sanscriti di:
- karuṇā (pāli: karuṇā) nel significato di
"pietà", "misericordia", "vissuto di dolorosa
empatia" reso in lingua cinese come 悲 bēi, in giapponese hi,
in tibetano snying rje;
- maitrī (pāli: mettā) nel significato di
"amore", "benevolenza", "carità", reso
in lingua cinese come 慈 cí, in giapponese ji,
in tibetano byams pa.
· Nel
Buddhismo Mahāyāna la "compassione" (karuṇā) rappresenta
unitamente alla "saggezza" (prajñā) i due pilastri delle
proprie dottrine e pratiche religiose.
· La
dottrina e la pratica mahāyāna della "compassione" si fondano sulla
consapevolezza (saggezza, sans. prajñā) della "Verità della
Via mezzo" (sanscrito mādhya-satya) predicata da Nāgārjuna
ovvero sulla compresenza della "assolutezza" (paramārtha-satya)
o vacuità (śūnyatā-satya) e della "singolarità" o
"provvisorietà" (saṃvṛti-satya) in ogni aspetto della Realtà
ultima per cui essendo "Tutto" privo di esistenza intrinseca,
indipendente, ogni fenomeno esiste sia nella sua natura soggettiva
("convenzionale") e contemporaneamente nella sua relazione con gli
altri ("assoluta") rappresentando la "singolarità" una
delle molteplici manifestazioni di un'unica Realtà ultima: singole facce di un
«grande brillante». Le distinzioni che la mente opera di continuo, unicamente
dividendo e classificando in categorie le percezioni, sono viste, dunque, come
illusorie e l’ego se non compreso anche olisticamente con l'intera
Realtà è solo un'illusione poiché non esiste un io separato da
tutto il resto.
· Per
questa ragione il Buddhismo Mahāyāna non predica il "distacco" nei
confronti dei sentimenti e dei vissuti quale l'amore e la pietà, ma fonda la
sussistenza di ciò sulla corretta comprensione della Realtà ultima (saggezza,
sans. prajñā).
· Quindi
non vi può essere "compassione senza saggezza", né "saggezza
priva di compassione".
· Nel
Buddhismo Mahāyāna il principio della "compassione" è rappresentato
dal bodhisattva cosmico Avalokiteśvara.
· (da
Wikipedia).
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